In caso di sinistro stradale le compagnie assicurative tendono a liquidare unicamente gli importi stimati dal proprio perito e relativi ai mezzi (auto, moto, bici) e non prendono in considerazione gli altri beni materiali danneggiati nel sinistro. E’ sempre necessario documentare, con foto, fatture o scontrini di acquisto, i danni subiti ai beni materiali secondari (es. caschi, telefonini, gioielli, vestiti ecc.) per ottenere il risarcimento dell’intero danno patrimoniale.
Ma non è raro che a seguito di un sinistro stradale o di un infortunio possano essere danneggiati oggetti aventi un valore affettivo per la persona, valore che va aldilà di quello meramente economico. I legami instaurati con determinati beni “inanimati” possono costituire un arricchimento del patrimonio dell’individuo. Il “valore di affezione” rappresenta il rapporto che si ha con un oggetto ed è molto diverso dal suo valore reale. Infatti, ad avere rilievo non è il valore patrimoniale dei beni in sé considerati (fonte autonoma di risarcimento danni, in base al valore di mercato o di scambio dagli stessi posseduto) ma quello non patrimoniale, in conseguenza degli effetti provocati nell’individuo a causa dell’evento dannoso che li ha riguardati.
Grazie all’evoluzione avvenuta in materia di danni alla persona, gli oggetti d’affezione hanno acquisito autonomo rilievo giuridico nel campo della responsabilità civile ed è stato riconosciuto il diritto al risarcimento nei confronti del legittimo proprietario nelle ipotesi di danneggiamento o perdita. Infatti, l’emersione della categoria “esistenziale” nella responsabilità civile, ha portato a ritenere meritevoli di ristoro le diverse fattispecie in cui l’evento dannoso incide sulla dimensione dell’esistenza dell’individuo, ledendo un valore costituzionalmente protetto ovvero costringendolo a scelte di vita diverse da quelle che avrebbe altrimenti adottato. In questo quadro può costituire un danno non patrimoniale risarcibile la distruzione di un oggetto d’affezione.
In giurisprudenza, però, la risarcibilità del danno non patrimoniale agli oggetti d’affezione oscilla tra il danno esistenziale, in quanto attinente a profili relazionali della persona lesi nel loro carattere “spirituale” in ragione del valore intrinseco che il bene assume, e quello morale, sul piano della mera sofferenza interiore.
Basti vedere che in una sentenza del 2000 il Tribunale di Milano ha risarcito il danno non patrimoniale conseguente al furto di una moto a titolo di “danno morale affettivo”, in ragione del pregiudizio giuridicamente apprezzabile derivato al proprietario sotto il profilo psichico per via dell’intenso vincolo affettivo che lo legava al bene. Altro esempio è dato da una sentenza del Tribunale di Venezia che ha risarcito uno scultore che aveva subito, durante il trasporto, il furto di alcune sue sculture, quale danno non solo patrimoniale commisurato al valore delle opere, ma anche per la perdita esistenziale prodotta dall’impossibilità per lo stesso di documentare una parte del suo percorso artistico, di cui le opere erano testimonianza.
Quindi, in caso di sinistro in cui rimangono danneggiati oltre ai veicoli anche i beni materiali che hanno per il proprietario un valore affettivo, è possibile ottenere non solo il risarcimento in termini economici ma anche il risarcimento del danno non patrimoniale.